Perché il simbolo del Napoli è l’asino

Perché il simbolo del Napoli è l’asino

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In un momento così tragico come quello che stiamo vivendo, legato alla piaga sociale del Covid 19, attaccarsi al mondo dello sport e al mondo del calcio in particolare per un tifoso è qualcosa di essenziale. Un modo per trascorrere in armonia e senza troppe paranoie questa quarantena forzata a cui siamo costretti tutti. 

Di questi tempi che il calcio è fermo, può essere bello e istruttivo allo stesso tempo ricordare il passato che fu. Partite che magari hanno scritto la storia di una squadra a livello nazionale e internazionale o miti che appartengono ad una squadra, divenuti poi realtà.

Il Napoli è la squadra regina del sud. Non ha una storia ricca di trofei e competizioni vinte, ma, nell’ambito della connessione tra il tessuto sociale e la squadra di calcio, ha molto da proferire. Un senso di identità che ha sempre contraddistinto il tifoso azzurro, molto più che in altre parti d’Italia. 

In questa città il calcio è considerato quasi sacro, una componente della propria vita da non trascurare e sottovalutare. Un Napoli venerato a livelli di San Gennaro. Una sacralità che travalica i confini terreni, senza rischiare di essere blasfemi.

La storia del Napoli parte dal 1926 in poi, anno della nascita ufficiale del club. Come ben sappiamo, ad ogni squadra è associato un certo simbolo che ne facilita anche il riconoscimento a livello calcistico e non solo. La zebra alla Juve, il Diavolo al Milan, il Toro al Torino, per fare diversi esempi. E al Napoli? Gli associamo da sempre il ciuccio. O, per dirla più correttamente, l’asino.

Il cavallo rampante primo simbolo del Napoli

Pensate che il primo simbolo in assoluto della squadra del Napoli non è stato neanche il ciuccio, ma un cavallo rampante. Ebbene sì. Il cavallo simboleggiava agli inizi del 900 il famoso Regno di Napoli. L’animale cavalcava un pallone da calcio e attorno a lui si diramavano le iniziali A, C e N, riconducibili all’Associazione Calcio Napoli. Durò pochissimo tempo.

Il tempo di disputare la prima stagione nel circuito calcistico. Peraltro un’annata totalmente fallimentare che fece riflettere più di qualcuno in società. Al punto tale da considerare “sfortunato” avere come simbolo un cavallo e ritenere frutto del fato e della fortuna, invece, l’evento che si verificò poco dopo.

L’asino scaccia il cavallo e diventa nuovo simbolo di Napoli

Succede tutto negli anni 20/30. Il ciuccio conquista la simbologia calcistica napoletana grazie ad un venditore di fichi. Lui si chiama Domenico Ascione, detto Mimì, ed era molto noto nel rione in cui peraltro sorgeva lo stadio in cui giocava il Napoli all’epoca, lo stadio Ascarelli.

Questo signore divenne inconsapevolmente molto importante nella storia del Napoli. Era chiamato Fichella e durante il suo lavoro si faceva accompagnare in giro da un asinello molto pigro, con cui a stento riusciva a fare pochi metri. Da qui l’accostamento geniale che venne in mente ad un giornalista napoletano di un settimanale satirico, denominato “Vac e pressa”. Esclamò in pratica, in lingua napoletana stretta, che le prestazioni del Napoli in Serie A equivalevano a quelle offerte dall’asinello di Fichella.

Un raffronto che permise un passaggio simbolico dal cavallo rampante al ciuccio, il quale non si staccò più dal circuito calcistico azzurro e ne divenne simbolo incontrastato. La prima sfilata ufficiale dell’asinello napoletano ci fu nella partita Napoli-Juve del 23 febbraio 1930. 

Non una partita qualunque per il classico tifoso azzurro e, di certo, una di quelle gare che entrano a tutti gli effetti nella storia per questo e ben altri motivi. In quella partita, tra l’altro, il Napoli pareggiò 2-2 dopo una rimonta dallo 0-2. “Ciuccio pensaci tu” divenne il cartello ufficiale apposto allo stadio, oltre che un vero e proprio grido di battaglia e di speranza del tifoso azzurro che andava ogni domenica allo stadio.  

Maradona fa volare il ciuccio

Il periodo di marca maradoniana è certamente l’epoca d’oro e maggiormente ricca di trofei per la storia del Napoli. In quei 7 anni, a cavallo degli anni 80/90, Diego Armando Maradona fece vincere 2 Scudetti, 1 Supercoppa italiana e 1 Coppa Italia alla sua squadra. 

Un autentico talismano che brilla a distanza di anni e che fa luccicare i tifosi del Napoli a distanza di tanto tempo. Chi ha avuto la fortuna di acquistare quella gloriosa maglia numero 10 la custodisce con cura e grande attenzione. Lontana da mani indesiderate che potrebbero rovinarla.

Accessori e gadget Napoli

Per chi non avesse vissuto quell’epoca e non potesse testimoniarla in alcun modo, non abbattetevi. Siete comunque tifosi del Napoli allo stesso modo di qualcuno che a quei tempi c’era. E magari ci si può accontentare di esprimere la propria fede azzurra attraverso l’acquisto di accessori e gadget del Napoli. Tra gli accessori consigliati certamente lo zaino del Napoli con fibbia in nylon e cerniera. Comoda e spaziosa, munita anche di tasca porta tablet.

Il borsello con tracolla è altrettanto comodo e spazioso, ma meno rispetto allo zaino naturalmente. Utile comunque per il tempo libero e per il lavoro, se si portano con sé oggetti poco ingombranti. Composizione poliestere. Lo zaino a sacco è utile soprattutto per chi viaggia e per chi va al mare, ad esempio, se ci mettete un asciugamano piccolo da mare dentro.

Il Napoli e i suoi tifosi esprimono un senso di identità forte e spiccato che oltrepassa i confini calcistici e si immerge nella socialità, nella vita quotidiana dei napoletani. Si parla di calcio nelle strade, nelle vie, nei bar, ovunque e comunque, ogni giorno. Un credo che non si spezza neanche quando i risultati vanno male sul campo. Al di là del risultato, recita un famoso motto organizzato allo stadio. Non ci si smuove da lì e la cassa di risonanza della squadra azzurra risuonerà sempre e comunque alle orecchie e agli occhi dei suoi tifosi.

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